BLOCCO PROROGA DEI LICENZIAMENTI PER CHI ACCEDE ALLA CIG SCONTATA
Il divieto generalizzato scade il 30 giugno
Dopo l’approvazione del decreto Sostegni-bis (D.L. 73/2021), pubblicato sulla Gazzetta ufficiale 123 del 25 maggio, vi sono scadenze differenziate per i licenziamenti economici; le date da tenere a mente sono il 1° luglio, il 1° novembre oppure il 1° gennaio 2022.
Le imprese intenzionate a ridurre il personale per motivi economici, fatta eccezione per quelle rientranti in alcuni casi particolari, potranno infatti ricadere in una di queste tre scadenze: vediamo quali sono le diverse fattispecie che si possono presentare.
Novità dopo il decreto sostegni-bis
Le imprese intenzionate a ridurre il personale per motivi economici, fatta eccezione per quelle rientranti in alcuni casi particolari, potranno infatti ricadere in una di queste tre scadenze: vediamo quali sono le diverse fattispecie che si possono presentare.
La regola generale è che il divieto di licenziamento si applica fino al 30 giugno del 2021. Fino a questa data, quindi, resta precluso per tutti i datori di lavoro qualsiasi licenziamento economico e organizzativo, sia individuale, sia collettivo.
Questa regola trova importanti eccezioni per un vasto gruppo di imprese: il divieto prosegue fino al 31 ottobre 2021 per i datori di lavoro che sospendono o riducono l’attività lavorativa per via del Covid e chiedono l’ammissione all’assegno ordinario Fis oppure alla cassa integrazione in deroga e quelli che richiedono la cassa integrazione per operai agricoli.
Un terzo gruppo di imprese include quelle che ricadono nella mini-proroga del divieto di licenziamento introdotta, tra molte polemiche, proprio dal decreto Sostegni bis. Secondo l’articolo 40 del D.L. 73/2021, i datori di lavoro che dal 1° luglio 2021 non potranno più utilizzare gli ammortizzatori Covid (categoria che coincide con quella delle imprese per le quali viene meno, alla stessa data, il blocco dei licenziamenti), potranno accedere gratuitamente alla cassa integrazione ordinaria o straordinaria, con l’esonero, fino al 31 dicembre 2021, dal pagamento dei contributi addizionali (il cui costo ammonta al 9%-12%-15% della retribuzione che sarebbe spettata al lavoratore per le ore non prestate, a seconda della durata di utilizzo).
La scelta di usare gli ammortizzatori sociali (fruendo del relativo “sconto”) non è tuttavia senza conseguenze: per la durata dei trattamenti di integrazione salariale fruiti (entro l scadenza massima del 31 dicembre 2021) questi datori di lavoro resteranno soggetti al divieto di avviare procedure di licenziamento collettivo o individuali per giustificato motivo oggettivo.
Nuovo calendario delle scadenze
Ø Dal 1.07.2021 potranno attivare procedure di licenziamento individuale o collettivo tutte le imprese che rientrano nell’alveo degli ammortizzatori sociali “ordinari”, come la cassa integrazione ordinaria (ad esempio le industrie)
Ø Dal 1.11.2021 potranno licenziare tutte le imprese che possono utilizzare ammortizzatori sociali “speciali” come l’assegno ordinario Fis e la cassa integrazione in deroga (ad esempio le imprese del settore dei servizi).
Ø I datori che sospendono o riducono l’attività dal 1.07.2021 e presentano domanda di cassa integrazione non dovranno pagare il contributo addizionale per la cassa, fino al 31.12.2021. Non potranno però avviare licenziamenti collettivi per la durata dell’integrazione salariale fruita entro il 31.12.2021, né sbloccare licenziamenti pendenti avviati dopo il 23.02.2020. Restano proibiti per questi datori, indipendentemente dal numero dei dipendenti, anche i licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo.
Dal 1° luglio, quindi i datori di lavoro, se rispettano i requisiti, laddove si vedessero costretti a ridurre o sospendere l’attività lavorativa, potranno fare ricorso alla Cassa integrazione ordinaria (Cigo) secondo la disciplina declinata dal D.Lgs. 148/15. Unica deroga ammessa sarà l’assenza, fino al 31 dicembre 2021, della contribuzione addizionale a carico azienda (9% - 12% – 15%), prevista dall’art. 5 del medesimo decreto legislativo. Va, tuttavia, rilevato che il suddetto esonero resta, al momento, vincolato dal rispetto del limite di spesa previsto dall’art. 40, co. 3, del decreto Sostegni-bis (D.L. 73/21), pari a 163,7 milioni per l’anno 2021. Inoltre, ai datori di lavoro che si avvarranno di questi trattamenti di Cigo “agevolati”, restano precluse le procedure di licenziamento per la durata del trattamento di integrazione salariale fruito entro il 31 dicembre 2021.
Altri possibili interventi allo studio del Governo
Per gestire la progressiva uscita dalle misure emergenziali e ridurre l’impatto negativo sull’occupazione, il Governo studia strumenti di politiche attive come il contratto di solidarietà allargato alle imprese che hanno perdite di fatturato inferiori al 50% (tetto indicato dal D.L. Sostegni-bis), l’estensione del contratto d’espansione, con i prepensionamenti che potrebbero interessare anche le imprese al di sotto dell’attuale limite di 100 dipendenti ed essere collegati ad incentivi che favoriscano nuove assunzioni.
Allo studio anche la modifica del decreto Dignità sui contratti a termine, per ammorbidire ulteriormente le causali e dare più spazio alla contrattazione collettiva, inclusa quella aziendale. Fino al tema del blocco dei licenziamenti per alcuni settori dell’industria più in difficoltà, come quello tessile, accompagnati però da nuove settimane di cig covid gratuita per le imprese.
Considerando che il provvedimento verrà convertito in legge dopo il 30 giugno, quando scadono le procedure emergenziali, si pensa di fare una norma che avrà entrata in vigore “retroattiva”.
Casi di possibili licenziamenti
Anche per i datori di lavoro che si trovano nelle condizioni di cui ai commi 1 e 2, la deroga al blocco generalizzato dei licenziamenti viene meno nei seguenti tre casi (art. 14 co. 3):
1) cessazione definitiva dell’attività dell’impresa, conseguenti alla messa in liquidazione della società senza continuazione anche parziale dell’attività, nel caso in cui nel corso della liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni od attività che possano configurare un trasferimento d’azienda o di un ramo di essa ai sensi dell’art. 2112 c.c.;
2) accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo, ai quali sarà riconosciuta la NASpI;
3) licenziamenti intimati in caso di fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa, ovvero ne sia disposta la cessazione. Nel caso in cui l’esercizio provvisorio sia disposto per uno specifico ramo dell’azienda, sono esclusi dal divieto i licenziamenti riguardanti i settori non compresi nello stesso;
4) ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell'appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di Legge, di Ccnl o di clausola del contratto di appalto.
E’ opportuno ricordare che sarà comunque consentito il licenziamento:
· per ragioni disciplinari;
· per mancato superamento del periodo di prova;
· dell’apprendista per la fine del periodo formativo;
· per superamento del periodo di comporto;
· del collaboratore familiare;
· del dirigente.
Tavola riassuntiva per i casi di licenziamento
Le eccezioni allo stop ai licenziamenti ricorre nei seguenti casi:
Cessazione definitiva dell’attività dell’impresa |
La prima eccezione riguarda la cessazione definitiva dell’attività d’impresa, conseguenti alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività. |
Accordo aziendale di incentivo all’esodo |
L’azienda può tornare a licenziare anche con accordo collettivo aziendale di incentivo all’esodo, che consente di concordare con ogni singolo dipendente (che è libero di aderire all’accordo) una risoluzione consensuale del rapporto di lavoro. I lavoratori escono dall’azienda e beneficiano della NASpI (e probabilmente anche di un incentivo all'esodo da parte del datore di lavoro). |
Fallimento senza esercizio provvisorio dell’impresa |
La terza deroga al divieto prevista ex lege è che sono possibili i licenziamenti intimati in caso di fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa, ovvero ne sia disposta la cessazione. Nel caso in cui l’esercizio provvisorio sia disposto per uno specifico ramo dell’azienda, sono esclusi dal divieto i licenziamenti riguardanti i settori non compresi nello stesso. |
Contratti di appalto |
Sono i licenziamenti dei lavoratori impiegati in un appalto ove l’appaltatore che subentra sia tenuto ad assumere tutti i lavoratori, in forza di legge. |
07/06/2021