PIANI DI WELFARE AZIENDALE - INTERPELLO 522
Alcune indicazioni operative dell'Agenzia delle Entrate
Nella risposta all’interpello n. 522 del 13 dicembre 2019 l’Agenzia delle Entrate ha negato la possibilità di agevolazione fiscale per un piano di welfare aziendale che prevedeva trattamenti estetici per i dipendenti. Questo in ragione del fatto che un benefit di questo tipo non ha alcuna finalità educativa, ricreativa o di assistenza, richiesta dalla normativa.
Il welfare aziendale è uno strumento a disposizione delle imprese per erogare bonus e servizi ai lavoratori e usufruire di sgravi fiscali. Si tratta dell’insieme delle prestazioni non monetarie a sostegno del dipendente che si affianca alla classica retribuzione nella forma di agevolazioni e rimborsi, che si traducono in benefit significativi per il dipendente e che contemplano importanti vantaggi fiscali per l’azienda.
Definizione
Con un piano di welfare aziendale l’azienda concede somme, opere, servizi che, usufruendo di una defiscalizzazione, consentono di aumentare il potere di acquisto dei dipendenti. Il welfare aziendale, pertanto, consente di dare un beneficio ai dipendenti senza l’onere di pagare tasse e contributi e favorendo l’azienda con una diminuzione del costo del lavoro rispetto all’erogazione di aumenti retributivi e/o una tantum.
Permette di finanziare servizi alle famiglie come gli asili nido, ma anche polizze sanitarie e spese mediche, previdenza complementare, abbonamento ai trasporti o addirittura viaggi; può includere anche l’erogazione di buoni d’acquisto per il carburante, lo shopping o la spesa al supermercato. Anche sport, benessere, tempo libero, cultura e formazione possono rientrare all’interno delle iniziative di welfare aziendale.
La complessità della normativa, tuttavia, ha generato un aumento di richieste di chiarimenti all’Agenzia delle Entrate che è via via intervenuta con circolari, risoluzioni e risposte ad interpelli a fornire le dovute interpretazioni.
Trattamenti estetici esclusi
L’interpello era stato posto da una società di consulenza che aveva previsto piani di welfare per due diverse categorie di beneficiari:
- un gruppo costituito da tre lavoratori dipendenti;
- un gruppo composto da tre membri del consiglio di amministrazione, in cui uno solo percepisce compensi, mentre altri due svolgono l’incarico a titolo gratuito.
Il primo benefit previsto dal piano riguarda trattamenti estetici da effettuarsi presso un centro appositamente convenzionato. Tali servizi saranno fatturati dal centro al datore di lavoro, il quale sosterrà direttamente la relativa spesa. Viene chiesto, su questo aspetto, se tali servizi siano inquadrabili tra quelli previsti ex articolo 51, comma 2, lettera f), Tuir, oltre al fatto che l’Iva assolta sul servizio risulti detraibile. Il secondo benefit previsto riguarda, invece, corsi di formazione linguistica forniti da istituti specializzati ai familiari del dipendente. In questo caso sarà il lavoratore a sostenere la spesa e a dover documentare la stessa per riceverne, successivamente, il rimborso in busta paga. Anche in questo caso viene chiesto se tali servizi siano inquadrabili tra quelli previsti ex articolo 51, comma 2, lettera f-bis) Tuir.
L’Agenzia delle Entrate ha fornito le risposte seguenti:
Con riguardo al primo quesito, si chiarisce che "le previsioni di cui all’articolo 51, comma 2, si riferiscono a prestazioni, opere e servizi corrisposti ai dipendenti in natura o sotto forma di rimborso spese - in aggiunta alla retribuzione di lavoro dipendente ordinariamente tassata - esclusi dalla determinazione del reddito in ragione della loro valenza sociale" e per categorie omogenee di dipendenti. Secondo l’Agenzia per il gruppo costituito dai tre membri del Consiglio di Amministrazione della società, non sussiste il requisito della categoria omogenea di dipendenti dal momento che dei tre amministratori solo uno è retribuito per l’incarico. La circostanza che i benefit siano corrisposti agli amministratori che non percepiscono alcun compenso per l'incarico svolto, "porta a ritenere che gli stessi assolvano una funzione essenzialmente remunerativa e debbano, pertanto, essere assoggettati a tassazione ai sensi dell'articolo 51, comma 1, del Tuir".
Per quanto riguarda i trattamenti estetici, tali erogazioni non possono godere del regime di favore, in quanto non vi si riconoscono finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto descritte dall’art. 100 del Tuir, quali possono essere i corsi di lingua, di informatica, di musica, teatro. Mancando il requisito della rilevanza sociale, a tali benefit non si può applicare il regime di detassazione previsto dall’articolo 51, comma 2, lettera f, del Tuir. Anche sulla detraibilità dell’Iva, l’Agenzia rileva che, nel caso in esame, manca del tutto il requisito dell’inerenza non avendo i trattamenti estetici alcun rapporto di strumentalità tra l’esercizio dell’attività svolta dal soggetto (attività di consulenza giuridica) e l’utilizzo del bene o servizio.
Possono rientrare, invece, tra i benefit in esame, i rimborsi dei corsi di lingua a favore dei familiari dei lavoratori al di fuori del circuito scolastico, vista la formulazione ad ampio raggio della norma (articolo 51, comma 2, lettera f-bis del Tuir), ricomprendendo tutte le prestazioni comunque riconducibili alle finalità educative e di istruzione, indipendentemente dalla tipologia di struttura (di natura pubblica o privata) che li eroga (circolare 5/E/2018).
Attivazione di un piano aziendale
Un’azienda interessata a erogare ai propri dipendenti un pacchetto di beni e servizi diversi dalla tradizionale remunerazione in denaro dispone di molte opzioni per attivare un piano di welfare aziendale.
ATTIVAZIONE UNILATERALE
L’attivazione di un welfare unilaterale “volontario” non ha particolari impatti sulla redditualità fiscale e contributiva del lavoro dipendente, infatti i beni e i servizi non concorreranno alla formazione del reddito secondo le regole indicate nell’art. 51 del Tuir.
Tuttavia tale impostazione ha effetti in ordine alla redditualità d’impresa: infatti, ai piani di welfare unilaterale si applica la regola presente nel c. 1 dell’art. 100 del Tuir che consente di portarsi in deduzione il costo dei servizi di utilità sociale (lett. f) del c. 2 dell’art. 51 del Tuir) nel limite del 5‰ del costo del lavoro. Tale limite di deducibilità è stato inoltre esteso dall’Agenzia delle Entrate alle altre opere Circ. Ag. Entrate n. 5/E/2018 e servizi di cui alle lett. f-bis), f-ter), f-quater) del c. 2 dell’art. 51 del Tuir.
ATTIVAZIONE TRAMITE ACCORDO INDIVIDUALE
Questa ipotesi presuppone che il datore di lavoro individui uno o più singoli lavoratori e proponga, soltanto a questi, la sottoscrizione di un piano che prevede l’erogazione in suo favore di un pacchetto di benefit, di natura variabile (automobile, servizi, polizze sanitarie, ecc.).
Essendo un accordo che generalmente non impatta sulla generalità o su categorie di dipendenti esso potrebbe non generare i vantaggi fiscali e contributivi previsti dalla norma.
ATTIVAZIONE TRAMITE ACCORDO SINDACALE
Il piano di welfare costituito tramite accordo sindacale consente la piena deducibilità del costo ai fini del reddito d’impresa.
ATTIVAZIONE TRAMITE REGOLAMENTO AZIENDALE “NON VINCOLANTE”
Il datore di lavoro può impostare un piano di welfare aziendale anche tramite un regolamento aziendale che tuttavia non determina un vincolo per il datore di lavoro essendo, quest’ultimo, libero di recedere e di non rispettare quanto ivi contenuto.
Il piano di welfare aziendale così costituito sarà deducibile ai fini del reddito d’impresa nel limite del 5‰ del costo del lavoro. Tale limite di deducibilità riguarda i servizi previsti dalle lett. f), f-bis), f-ter), f-quater) del c. 2 dell’art. 51 del Tuir (Circ. Ag. Entrate 5/E/2018).
A parere dell’Agenzia delle Entrate (DRE Regione Lombardia 954-1417/2016), l’integrale deducibilità dei costi di welfare non è ammessa quando in relazione al regolamento che predispone il piano di welfare il datore di lavoro ha la “facoltà di cessare unilateralmente e discrezionalmente l’implementazione e l’efficacia del Piano Welfare al termine di ciascun anno di riferimento, senza che da questo possa derivare alcun successivo obbligo nei confronti dei collaboratori, né per far sorgere diritti di qualsiasi natura in capo a questi ultimi”.
ATTIVAZIONE TRAMITE REGOLAMENTO AZIENDALE “VINCOLANTE”
Il datore di lavoro può impostare un piano di welfare aziendale anche tramite un regolamento aziendale che per il periodo di vigenza sia vincolante per il datore di lavoro.
Il regolamento aziendale in questo caso deve configurare l’adempimento di un obbligo negoziale (Circ. Ag. Entrate 5/E/2008 e Circ. Ag. Entrate 28/E/2016). Un piano di welfare di questo tipo può essere validamente costituito solo qualora il regolamento aziendale non possa essere dal datore di lavoro revocato, integrato o modificato ad nutum in corso di validità, o in relazione all’evoluzione normativa (risposte DRE della Lombardia ad interpello 954-1417/2016 e 913-807/2017).
Affinché un regolamento configuri l’adempimento di un obbligo negoziale, lo stesso deve essere, quindi, non revocabile né modificabile autonomamente da parte del datore di lavoro (risposta Ag. Entrate interpello 25.01.2019, n. 10). Solo a queste condizioni il piano di welfare aziendale sarà deducibile senza limiti ai fini del reddito d’impresa.
Destinatari dei piani aziendali
Al fine di avere un piano di welfare defiscalizzato, vi sono alcuni requisiti necessari che devono essere rispettati: i requisiti trasversali, in riferimento ai soggetti ai quali devono essere rivolti i servizi di welfare, ovvero la generalità dei dipendenti o categorie di dipendenti o rivolto anche (o solo) ai familiari previsti dall’art. 12 del Tuir.
Con riferimento alla generalità dei dipendenti, il legislatore tributario vuole favorire un welfare aziendale generalizzato e non rivolto al singolo. Il piano deve essere messo a disposizione di un gruppo omogeneo di persone. La categoria di lavoratori non deve essere necessariamente intesa come categoria civilistica (dirigente, quadro, impiegato e operaio). Sono categoria di dipendenti ad esempio: i lavoratori con il turno di notte (C.M. 188/E/1998), i lavoratori expatrites o assignees (ris.Ag. Entrate 378/E/2007).
La condizione fondamentale è che al gruppo omogeneo di dipendenti sia messo a disposizione il servizio anche se di fatto alcuni dipendenti non usufruiscono dello stesso (Circ. Ag. Entrate 5/E/2018).
I piani di welfare aziendale sono applicabili anche agli amministratori in quanto percettori di reddito assimilato a quello di lavoro dipendente (AE - Direzione regionale interpello n. 954-1417/2016).
Altra condizione trasversale nelle varie fattispecie agevolabili di welfare aziendale è il riferimento ai familiari dei dipendenti (art. 12, let. f del Tuir). Sono defiscalizzati le opere e i servizi di utilità sociali offerti a dipendenti e a propri familiari; le somme e i servizi a scopo educativo o scolastico concessi ai familiari; le somme e i servizi di assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti offerti ai familiari, i servizi e i rimborsi relativi ad abbonamenti di trasporto pubblico concessi ai familiari che siano a carico del dipendente.
Sul predetto aspetto si deve evidenziare inoltre l’equivalenza apportata dal D. Lgs. 76/2016 (G.U. 21.05.2016, n. 118) in tema di unioni civili tra persone conviventi dello stesso sesso e familiari. Nell’ambito della disciplina del reddito di lavoro dipendente il “convivente di fatto”, non rientrando nella nozione di familiare, non può invece fruire del regime di favore previsto dal citato art. 51 Tuir (risposta Ag. Entrate 27.06.2019, n. 212).
Benefici fiscali
I principali contenuti defiscalizzati del piano di welfare aziendale sono:
servizi di utilità sociale
Non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente l’utilizzazione delle opere e dei servizi riconosciuti dal datore di lavoro volontariamente o in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale, offerti alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti e ai familiari indicati nell’art. 12 per le finalità di cui al c. 1 dell’art. 100.
I servizi e le opere rese alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per non concorrere alla formazione del reddito devono riguardare le seguenti finalità:
- educazione;
- istruzione;
- ricreazione;
- assistenza sociale;
- assistenza sanitaria;
- culto.
L’acquisto di pacchetti sanitari integrativi da parte del datore di lavoro messi a disposizione della generalità di dipendenti ovvero di categorie di dipendenti non costituiscono reddito di lavoro dipendente perseguendo finalità sanitarie (risposta Ag. Entrate n. 273 del 18.07.2019).
Nel caso in cui sia offerta alla generalità dei dipendenti una specifica copertura (polizza) assicurativa di assistenza sanitaria in forma esclusivamente diretta, convenuta con la compagnia di cui l’azienda si avvale, che prevede, per i beneficiari e per i loro familiari, esclusivamente delle prestazioni di servizi da parte di strutture sanitarie convenzionate con la medesima compagnia assicurativa, non è applicabile il regime di esclusione da imposizione sul reddito di lavoro dipendente di cui all’art. 51, c. 2, lett. f) Tuir (DRE Lombardia interp. n. 904-1532/2016).
servizi a finalità educative e scolastiche rivolti a familiari
Non concorrono a formare reddito di lavoro dipendente le somme dei servizi e delle prestazioni “erogati dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la fruizione, da parte dei familiari indicati nell’art. 12, dei servizi di educazione e istruzione anche in età prescolare, compresi i servizi integrativi e di mensa ad essi connessi, nonché per la frequenza di ludoteche e di centri estivi e invernali e per borse di studio a favore dei medesimi familiari” [art. 51, c. 2, lett. f-bis) Tuir], come mod. dall’art. 1, c. 190 L. 208/2015).
Riguardo alle predette agevolazioni, anche alla luce della circolare del Ministero delle Finanze 22.12.2000, n. 238/E è bene evidenziare sotto l’aspetto operativo e in via conclusiva che:
- l’agevolazione si rende applicabile laddove il datore di lavoro acquisisca e conservi la documentazione comprovante l’utilizzo delle predette somme per i fini stabiliti dall’art. 51, c. 2, lett. f-bis) Tuir;
- l’agevolazione può consistere nel pagamento diretto da parte del datore di lavoro ovvero nel rimborso dell’onere sostenuto dal lavoratore;
- l’agevolazione è utilizzabile per assegni, premi ovvero sussidi per fini di studio a favore di familiari di cui all’art. 12 ossia: coniuge; figli; altri familiari ex art. 433 C.C.;
- tali somme e/o servizi devono essere rivolti alla generalità o a categorie di dipendenti anche se poi realmente una parte (ad esempio chi non ha figli) non ne può usufruire;
- il termine borsa di studio non concerne solo le borse di studio disciplinate da bandi di concorso.
abbonamento al trasporto locale
Non concorrono a formare il reddito le “somme erogate o rimborsate” per l’acquisto degli abbonamenti per il trasporto pubblico [art. 51, lett. d-bis), c. 2 del Tuir].
Le somme erogate o i rimborsi per l’acquisto degli abbonamenti per il trasporto pubblico devono essere rivolti a favore della generalità o categorie di lavoratori dipendenti e/o ai familiari di cui all’art. 12 Tuir che siano fiscalmente a carico.
L’Agenzia delle Entrate (con risposta ad interpello n. 280/2019) ha precisato che, laddove una società stipuli una convenzione per l’utilizzo del mezzo di trasporto pubblico a favore dei propri dipendenti con ripartizione dell’onere della spesa nella misura del 20% a carico dell’azienda e del restante 80% a carico del lavoratore, dette somme dovranno essere certificate da parte del datore di lavoro nella Certificazione Unica, compilando rispettivamente:
- per la parte di abbonamento a carico del datore, la sezione “Rimborsi di beni e servizi non soggetti a tassazione - art. 51 Tuir” con il codice 40, appositamente previsto per “le spese sostenute per l’acquisto di abbonamenti ai servizi di trasporto pubblico locale, regionale ed interregionale”;
- per la parte di abbonamento a carico del dipendente, la sezione “oneri detraibili” punto 342 con l’indicazione nel punto 341 del suddetto codice 40.
opzione del premio monetario
Nell’ipotesi di conversione del premio di risultato, il valore del benefit rileverà nel periodo d’imposta in cui il dipendente ha optato per la conversione del premio di risultato (circ. Ag. Entrate 5/E/2018). Pertanto, il rispetto del limite annuo di € 3.000 dovrà essere considerato nel momento in cui il dipendente esercita l’opzione per sostituire il premio di risultato agevolabile con il paniere dei Servizi Welfare secondo quanto previsto dall’accordo o dal regolamento aziendale (risposta Ag. Entrate 27.06.2019, n. 212).
10/02/2020