PAGAMENTO DELLE RETRIBUZIONI CON STRUMENTI TRACCIATI

 

Ulteriori chiarimenti sulla tracciabilità del pagamenti degli stipendi

 

Come noto, dal 1° luglio scorso, i datori di lavoro o committenti corrispondono ai lavoratori le retribuzione, e ogni suo anticipo, tramite strumenti tracciati, non essendo più ammessi pagamenti per contanti.

In data 10 settembre 2018 l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) è intervenuto con ulteriori chiarimenti riguardanti le effettive modalità di pagamento.

 

Con la nota n. 7369/2018, l’INL ha fornito precisazioni sulle precedenti note n. 4538/2018 e n. 5828/2018, nonché indicazioni operative al personale ispettivo in ordine alle modalità di verifica dell’osservanza dei nuovi obblighi e dell’effettività dei pagamenti realizzati mediante gli strumenti ivi indicati, rimettendo alla valutazione del personale ispettivo, sulla base delle circostanze del caso concreto e degli elementi acquisiti in sede di accertamento.

 

Modalità di pagamento dal 1° luglio 2018

Dal 1° luglio i datori di lavoro o i committenti non possono più corrispondere la retribuzione per mezzo di denaro contante direttamente al lavoratore, qualunque sia la tipologia del rapporto di lavoro instaurato. Con quest’ultima definizione, secondo il legislatore, si intende ogni rapporto di lavoro subordinato, di cui all’art. 2094 del codice civile, indipendentemente dalle modalità di svolgimento della prestazione e dalla durata del rapporto. Rientrano tra i rapporti oggetto dello stop al contante anche quelli originati da contratti di collaborazione coordinata e continuativa e dai contratti di lavoro instaurati in qualsiasi forma dalle cooperative con i propri soci, in base alla legge 142/2001.

Restano esclusi dall’obbligo i rapporti di lavoro instaurati con le Pubbliche Amministrazioni, quelli per gli addetti a servizi familiari e domestici i rapporti di lavoro domestico (colf, badanti, baby sitter) ed i compensi derivanti da borse di studio, tirocini, rapporti autonomi di natura occasionale, sempre nel limite di 2.999,99 euro pagati in contanti.

 

Modalità di pagamento possibili dal 1° luglio 2018

Secondo quanto previsto dall’articolo 1, comma 910, L. 205/2017, i datori di lavoro o committenti corrispondono ai lavoratori la retribuzione, nonché ogni anticipo di essa, attraverso una banca o un ufficio postale con uno dei seguenti mezzi:

Ø bonifico sul conto identificato dal codice Iban indicato dal lavoratore;

Ø strumenti di pagamento elettronico (forme che utilizzano sistemi informatici);

Ø emissione di un assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato (l’impedimento s’intende comprovato quando il delegato a ricevere il pagamento è il coniuge, il convivente o un familiare, in linea retta o collaterale, del lavoratore, purché di età non inferiore a sedici anni);

Ø in contanti presso uno sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento;

Ø vaglia postale purché vi sia l’indicazione del nome o della ragione sociale del beneficiario e la clausola di non trasferibilità (chiarimento dell’INL).

Il divieto di retribuzione in contanti prescinde dall’ammontare della retribuzione corrisposta. Non è stata infatti prevista una soglia minima retributiva oltre la quale ha effetto il divieto, né la possibilità di frazionare la retribuzione in pagamenti in contanti infra-mensili.

 

Recenti chiarimenti dell'INL

I chiarimenti da parte dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) riguardano gli strumenti di pagamento, e precisamente:

·     quanto al pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento, obbligo che non trova applicazione alle P.A. di cui all’articolo 1, comma 2, D.Lgs. 165/2001, l’INL ritiene conforme alla disposizione anche l’ipotesi in cui il pagamento delle retribuzioni venga effettuato al lavoratore in contanti presso lo sportello bancario ove il datore di lavoro abbia aperto e risulti intestatario di un conto corrente o conto di pagamento ordinario soggetto alle dovute registrazioni;

·     in relazione all’emissione di un assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato, il pagamento delle retribuzioni con lo strumento del “vaglia postale” può rientrare in tale ambito, purché emesso con l’indicazione del nome o della ragione sociale del beneficiario e la clausola di non trasferibilità (il rilascio di assegni circolari, vaglia postali e cambiari, di importo inferiore a 1.000 euro, può essere richiesto, per iscritto, dal cliente senza la clausola di non trasferibilità) e vengano esplicitati nella causale i dati essenziali dell’operazione (indicazione del datore di lavoro che effettua il versamento e del lavoratore/beneficiario, data e importo dell’operazione e il mese di riferimento della retribuzione).

Le verifiche ispettive sono, innanzitutto, volte ad escludere la corresponsione delle retribuzioni in contanti direttamente al lavoratore, attraverso l’acquisizione di prove anche documentali attestanti l’utilizzo degli strumenti previsti dalla normativa. Nell’ipotesi in cui risulti dubbia l’effettiva corresponsione attraverso tali strumenti, gli organi di vigilanza potranno, come indicato nella nota,  procedere ad un controllo ulteriore.

 

Indennità e rimborsi

Di particolare interesse è la precisazione riguardante le componenti della paga che sono interessate dalla disciplina in oggetto. Il divieto di pagamento in contanti riguarda, in via generale, ciascun elemento della retribuzione e ogni anticipo della stessa.

In tema di indennità e rimborsi, componenti spesso erogati a dipendenti e collaboratori, l’INL precisa quanto segue:

- l’obbligo di pagamento tracciato si riferisce soltanto alle somme erogate a titolo di retribuzione, pertanto l’utilizzo di detti strumenti non è obbligatorio per la corresponsione di somme dovute a diverso titolo, quali ad esempio quelle imputabili a spese che i lavoratori sostengono nell’interesse del datore di lavoro e nell’esecuzione della prestazione (ad esempio anticipi e/o rimborso spese di viaggio, vitto, alloggio), che potranno, quindi, continuare ad essere corrisposte in contanti. Tali somme sono infatti erogate esclusivamente a titolo di rimborso (chiaramente documentato) e hanno natura solo restitutoria;

- al contrario, per quanto riguarda l’indennità di trasferta (quale la diaria per il rimborso forfettario delle spese sostenute), in considerazione della natura “mista” della stessa (risarcitoria e retributiva solo quando superi un determinato importo ed abbia determinate caratteristiche), è necessario ricomprendere le relative somme nell’ambito degli obblighi di tracciabilità.

 

Sanzioni per chi viola il divieto

Per il datore di lavoro o committente che viola l’obbligo  di  tracciabilità  delle retribuzioni  è   prevista

la sanzione pecuniaria da 1.000 a 5mila euro, che si aggiunge ad eventuali condotte penalmente rilevanti. Ricordiamo che tali violazioni non sono diffidabili, poichè l’illecito non è materialmente sanabile. A precisarlo è l’Ispettore Nazionale del Lavoro con la nota circolare protocollare n. 4535/2018. Non potendo applicare la diffida, la sanzione sarà determinata nella misura ridotta (ex art. 16 L. 698/1981) e, in caso di mancato versamento della stessa, sul codice tributo 741T, l’autorità competente a  ricevere il rapporto sarà l’Ispettorato territoriale del lavoro.

La sanzione pertanto, per i motivi sopra addotti, sarà pari a 1.667,00 euro (cioè 1/3 del massimo) e dovrà essere versata entro 60 giorni della notifica di violazione. L’Ispettorato precisa che come strumento di "tutela" è possibile impugnare il verbale, entro 30 giorni, attraverso il ricorso amministrativo al direttore della sede territoriale dell’Ispettorato.

La norma precisa infine che la firma apposta dal lavoratore sulla busta paga non costituisce prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione.

 

 

04/10/2018

 

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