SOMMINISTRAZIONE FRAUDOLENTA DI MANODOPERA E APPALTI ILLECITI CON SANZIONI PENALI

 

Recente circolare dell'Ispettorato del Lavoro

 

Con la circolare n. 3/2019 del 11 febbraio scorso, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha nuovamente esaminato gli effetti della reintroduzione – avvenuta con il cosiddetto Decreto Dignità (D.L. 87/18) – del reato di somministrazione fraudolenta di manodopera, integrando quanto già precisato con la circolare n. 10 del 11.07.2018.

 

Dottrina e giurisprudenza sono concordi nel considerare la somministrazione fraudolenta un reato permanente. La condotta anti-giuridica si protrae per tutta la durata della somministrazione. La sua consumazione coincide con la cessazione della condotta, la quale assume rilevanza per l’individuazione della normativa applicabile.

 

Contenuti della circolare

Con la circolare n. 3 l’Ispettorato ha precisato che deve essere esclusa qualsiasi valenza retroattiva del “nuovo apparato sanzionatorio”. Per condotte iniziate prima del 12 agosto 2018, proseguite successivamente a tale data, il reato si può configurate solo a decorrere dal 12 agosto, con conseguente calcolo della sanzione per le sole giornate successive a tale data.

Secondo l’Ispettorato, il reato si configura ogni volta che viene accertato il ricorso ad un appalto illecito, in quanto tale situazione già costituisce, di per se stessa, elemento sintomatico di una finalità fraudolenta, e come tale determina l’applicabilità della sanzione penale.

Ancora la circolare fornisce alcuni esempi di finalità fraudolenta: quando le parti tentano di conseguire dei risparmi indebiti sul costo del lavoro mediante l’applicazione del trattamento retributivo previsto dal Ccnl dall’appaltatore e dal connesso minore imponibile contributivo, oppure quando eludono i divieti posti dalle disposizioni in materia di somministrazione.

 La circolare precisa altresì che la somministrazione fraudolenta può verificarsi anche al di fuori dei casi di appalto illecito, coinvolgendo agenzie di somministrazione regolarmente autorizzate all’esercizio di tale attività. Un esempio di somministrazione fraudolenta di questo tipo viene ravvisata nelle ipotesi in cui un datore di lavoro licenzi un proprio dipendente per riutilizzarlo tramite agenzia di somministrazione, violando norme di legge o di contratto collettivo.

L’Ispettorato precisa, tuttavia, che in questi casi – quando cioè la somministrazione fraudolenta si realizzi per il tramite di una agenzia autorizzata – la prova in ordine alla «specifica finalità» elusiva debba essere più rigorosa. Si tratta di una precisazione opportuna, in quanto le agenzie per il lavoro sono operatori particolarmente qualificati (e soggetti a un’intensa vigilanza) e come tali non possono essere confusi con i tanti caporali che popolano il mercato del lavoro ma, anzi, sono il principale argine contro la diffusione di tali soggetti.

Un altro caso di somministrazione fraudolenta si può verificare mediante il distacco illecito di personale, in assenza di uno specifico interesse, e nell’ipotesi di distacco transnazionale «non autentico», nella misura in cui il distacco, come talvolta avviene, sia funzionale all’elusione delle disposizioni di legge o del contratto collettivo applicato dal committente.

 

Misura delle sanzioni

L’illecito in questione è punito con la sanzione penale dell’ammenda di 20 euro per ciascun lavoratore coinvolto e per ciascun giorno di somministrazione, fermo restando l’applicazione della sanzione amministrativa prevista dall’art. 18 del D.Lgs. n. 276/2003 nelle ipotesi di somministrazione illecita.

Sia nelle ipotesi di appalto o di distacco illecito, il personale ispettivo dovrà prima contestare la violazione amministrativa e poi dovrà adottare, il provvedimento della prescrizione obbligatoria volta a far cessare la condotta antigiuridica attraverso l’assunzione dei lavoratori alle dirette dipendenze dell’utilizzatore oltre al provvedimento di diffida accertativa per eventuali crediti patrimoniali dei lavoratori con il conseguente scopo di deflazionare il carico di lavoro dei Tribunali e, quindi, promuovere forme conciliative di risoluzione dei conflitti individuali di lavoro (aggiornamento alla circolare n. 10 del 11.07.2018).

 

Sentenza del Consiglio di Stato

Si registra come il problema della somministrazione di manodopera è sempre un elemento centrale nellattività di controllo degli Ispettori. Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 1571 del 12 marzo 2018 (Sez. III), in materia di criteri distintivi tra appalto genuino e somministrazione, riafferma che la messa a disposizione di un pacchetto di ore di lavoro in favore di un terzo, che provvede a coordinare il lavoro degli addetti, configura una somministrazione di personale e non un appalto di servizi.

Nella sentenza si ricordano i criteri definiti dalla Corte di Cassazione n. 3178/2017 nella definizione degli appalti illeciti:

• prestazione di un  certo numero di ore di lavoro;

• inserimento stabile del personale nel ciclo produttivo del committente;

• stesse attività svolte dal personale dell’appaltatore e dai dipendenti del committente;

• attrezzature necessarie per l’attività di proprietà del committente.

Nella controversia erano presenti tutti questi elementi tali da non configurare un vero appalto di servizi che ribadiamo consistere  invece in una prestazione d'opera autonoma con un preciso risultato.

Il  Consiglio di Stato segnala anche la  mancanza, nella sentenza oggetto di trattazione, del  rischio di impresa, considerando "il non farsi carico" dei costi per le attrezzature,  per  l’organizzazione del lavoro ne l' apporto di  capitale o  di beni immateriali.

La particolarità della sentenza non sta tanto nei principi affermati, del tutto coerenti con la giurisprudenza consolidata della Cassazione in materia, quanto nella particolarità del caso, che coinvolge la Pubblica Amministrazione, come si evince dal fatto che sia proprio la giustizia amministrativa ad occuparsi di una questione squisitamente giuslavoristica.

 

Appalti irregolari

Spesso si assiste a prestazioni di appalto “endoaziendale”, dove si configura l’intermediazione vietata di manodopera quando al committente è messa a disposizione una prestazione meramente lavorativa. Ciò anche se l’appaltatore non è una società fittizia, tuttavia si limita alla gestione amministrativa della posizione relativa al lavoratore, senza che da parte sua ci sia una reale organizzazione della prestazione lavorativa.

Si tratta di fornitura di personale, mediante appalto o somministrazione illecita di manodopera, con notevoli riduzioni del costo del lavoro rispetto a quello previsto dai contratti collettivi nazionali, ma l’eventuale adesione è altamente rischiosa sia per l’azienda che per i lavoratori. Infatti, espongono a sanzioni l’imprenditore nel caso di intervento della vigilanza e nel contempo riducono le tutele dei lavoratori somministrati, poichè viene applicato il c.d. “dumping contrattuale”, cioè il sistematico sfruttamento della manodopera che lede i diritti dei lavoratori stessi, generando situazioni di concorrenza sleale e illegittima.

Si precisa inoltre che dalla illegittimità di questo tipo di gestione deriva la responsabilità solidale dell’effettivo utilizzatore della prestazione lavorativa per tutti i crediti (retributivi e contributivi) ed ogni altro diritto che i lavoratori dovessero vantare. Quindi si realizza il pieno coinvolgimento del datore di lavoro nell’attività illecita di chi appalta.

A tal proposito è sempre più frequente il caso in cui i lavoratori dell’appaltatore addetti all’appalto endoaziendale rivendicano il riconoscimento di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con la società committente, sostenendo il carattere non genuino del contratto di appalto. Negli anni la giurisprudenza ha elaborato una corposa casistica, individuando i più rilevanti indici di genuinità o meno dell’appalto di servizi, per i quali riteniamo essenziale riportare per la corretta scelta e adozione di questi istituti.

 

Pronunce giurisprudenziali

non è appalto la fornitura di manodopera

La distinzione tra le due figure contrattuali dell’appalto di servizi e della somministrazione di personale è marcata dal fatto che il contratto di appalto ha per oggetto un’obbligazione di risultato (l’appaltatore assume, con la propria organizzazione, il compito di far conseguire al committente il risultato promesso), mentre la somministrazione di lavoro sottende una tipica obbligazione di mezzi (attraverso cui l’agenzia per il lavoro si limita a fornire prestazioni lavorative organizzate e finalizzate dal committente). Consiglio di Stato, sezione III, sentenza 1571 del 12 marzo 2018.

l’impresa appaltatrice deve dare gli ordini

Nel caso di un appalto che abbia per oggetto prestazioni di servizi, con netta prevalenza delle prestazioni di manodopera, il criterio discretivo della sua genuinità è costituito dall’effettivo esercizio da parte dell’impresa appaltatrice dell’organizzazione e direzione dei lavoratori utilizzati per la sua esecuzione; ciò che può avvenire anche tramite personale dipendente a ciò preposto. Tribunale Monza, sentenza 71 del 7 aprile 2015

appaltatore anche senza apparato produttivo

Perché si configuri un contratto di appalto legittimo non è necessario che l’appaltatore disponga necessariamente di un apparato produttivo di natura reale, potendosi dare l’eventualità di appalti nei quali l’organizzazione di mezzi materiali assume un’importanza trascurabile rispetto all’organizzazione di fattori produttivi personali. In queste ipotesi, ciò che distingue l’appalto genuino dalla mera prestazione di manodopera resta la mera organizzazione e direzione del personale impiegato. Tribunale di Pesaro, sentenza 115 dell’8 marzo 2013

il committente può avere potere di controllo

Uno degli indici principali dell’interposizione è ravvisato nell’assoggettamento dei dipendenti dello pseudo-appaltatore al potere direttivo e di controllo dell’effettivo utilizzatore delle prestazioni lavorative. Tuttavia, l’esercizio di un potere di controllo da parte del committente è compatibile con un regolare contratto di appalto, potendosi così ritenere legittima la predeterminazione da parte del committente anche delle modalità temporali e tecniche di esecuzione del servizio o dell’opera oggetto dell’appalto che dovranno essere rispettate dall’appaltatore. Corte di appello di Roma, sentenza 5392 dell’8 gennaio 2018

serve un know how specifico dei lavoratori

Con riferimento agli appalti endoaziendali, è illegittimo l’appalto in cui non sia provata l’esistenza di un know-how da parte del lavoratore, inteso come fattore distinto dalla manodopera e consistente in un patrimonio di conoscenze e di pratiche di uso non comune, non brevettate, derivanti da esperienze e prove, che avrebbero costituito quel quid pluris rispetto alla mera capacità professionale dei lavoratori impiegati, tale da rendere legittima l’utilizzazione della manodopera stessa. Cassazione, sezione lavoro sentenza 7796 del 27 marzo 2017

è ammessa la direzione sul risultato del lavoro

In riferimento alle attività cosiddette labour intensive , diventa irrilevante lo scrutinio dell’organizzazione reale in capo all’impresa appaltatrice, ma deve sussistere l’esercizio del «potere organizzativo e direttivo» da parte dell’appaltante, che non è escluso qualora il personale dell’appaltante impartisca disposizioni agli ausiliari dell’appaltatore, dovendosi, piuttosto, verificare se tali direttive siano inerenti a concrete modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative o si riferiscano solo al risultato di tali prestazioni che in sé, può formare genuino oggetto del contratto di appalto. Tribunale di Bologna, sentenza 351 del 27 aprile 2016

appalto con autonomia e specializzazione

È legittimo l’appalto che abbia per oggetto un servizio specializzato, compiuto e autonomo, ossia un complesso di operazioni che costituiscono una sezione del processo produttivo, che sia esperibile autonomamente dall’appaltatore nell’ambito dell’organizzazione complessa del committente e che richieda l’applicazione di specifiche tecniche operative (il cosiddetto know how ) e anche l’organizzazione del personale specializzato impiegato nell’attività, in funzione della più efficiente gestione dell’impresa. Tribunale di Milano, sentenza 3248 del 31 gennaio 2015.

 

 

05/03/2019

 

www.studioansaldi.it

 

Studio Ansaldi srl – corso Piave 4, Alba (CN)

La riproduzione con qualsiasi mezzo è vietata. Tutti i diritti sono riservati.