Analisi sui mercati finanziari a cura di Pierluigi Gerbino

Docente di Economia - 4° class. al Campionato Italiano di Trading Top Trader 2000

 

Anno 2008  -  Febbraio

 

 

 

 

 

QUANTO DURERA’ ?

 

COMMENTO

 

La Casella di testo: Nessuno ha la sfera di cristallo. Le opinioni e le previsioni di questo report derivano dall’applicazione di tecniche di analisi e dall’esperienza diretta dell’autore. Si garantisce  scrupolo ed indipendenza nelle analisi. L’esattezza delle previsioni non può garantirla nessuno. clamorosa inversione ciclica dei mercati azionari e l’arrivo dell’orso si sta dipanando secondo un copione abbastanza preciso. Come avevo anticipato nel mio precedente intervento del 19 gennaio i mercati hanno effettivamente messo a segno un drammatico sciacquone che ha condotto il principale indice mondiale (l’americano SP500) praticamente a raggiugere in pochi giorni il primo obiettivo ribassista indicato a quota 1.260 (il minimo del 23 gennaio è stato 1.270). La drammaticità degli eventi è ben rappresentata dalle scene di vero e proprio “panic selling” che nell’evoluzione quotidiana dei prezzi in quei giorni si sono chiaramente percepite.

Il mercato ha dato anche già una prima risposta al dubbio che, con un po’ di scetticismo, avanzavo in quell’intervento: riusciranno i mercati europei e quelli dei paesi emergenti ad evitare il bagno di sangue che la recessione Usa potrebbe portare sui listini americani?

Ebbene, la risposta dei mercati non si è fatta attendere ed è stata un sonoro NO.

Come in passato, ai primi violenti starnuti provenienti dagli USA i listini europei e dei paesi emergenti (tutti, senza eccezioni) si sono precipitati sul termometro per constatare di avere anch’essi l’influenza e si sono messi subito a letto.

Fuor di metafora, non possiamo che prendere atto che anche questa volta il mercato orso pare proprio essere globale, così come è stato globale il periodo rialzista durato dal 2003 a fine 2007. Nei giorni in cui è scattato il sell-off americano in Europa le perdite sono state addirittura superiori, ed ancor più nei paesi emergenti. In India addirittura il crollo dai massimi del 18 gennaio ai minimi del 22 è stato superiore al 22%.

In Germania dal 21 al 23 gennaio l’indice Dax ha perso quasi il 13%, aiutato dalla funesta necessità della banca francese Societè Generale di scaricare sul mercato 50 miliardi di euro di contratti derivati per chiudere le posizioni in perdita accumulate dal “piccolo genio della borsa”, un trader che da solo avrebbe accumulato posizioni in strumenti derivati all’insaputa della banca per un ammontare superiore al PIL di parecchi stati del mondo. Questo ci racconta la versione ufficiale della banca, a cui nessuno crede, tranne le autorità di controllo francesi. Se fosse vero la finanza mondiale sarebbbe nelle mani di sprovveduti. Se invece è falso, come molti addetti ai lavori temono, ed il piccolo trader è stato scelto (e magari lautamente remunerato) per trasformare in truffa una colossale perdita dovuta ai CDO o altri derivati sui mutui subprime e rendere così il boccone più masticabile all’opinione pubblica, allora la finanza mondiale è in mano a sprovveduti che sono pure bugiardi.

E’ sicuramente peggiore la seconda eventualità anche se nessuna delle due mi pare comunque molto rassicurante.

Gli eccessi di panico manifestati in quei giorni hanno necessariamente posto le premesse per un corposo rimbalzo dei mercati, che è puntualmente partito il 24 gennaio e si è protratto fino al primo giorno di febbraio. Che si trattasse soltanto di rimbalzo tecnico e non di inversione di tendenza è stato chiarito dall’incapacità dell’indice SP500 di riportarsi al di sopra di quota 1.400 e dal successivo scivolamento dei giorni scorsi, che ha corretto oltre il 60% del precedente rimbalzo.

 

 

FOCUS MACROECONOMICO

 

FARE UN MUTUO IN USA STA DIVENTANDO UN’IMPRESA

 

La scorsa settimana dagli Usa non sono arrivati molti dati macroeconomici ma, tra i pochi comunicati, ha scosso i mercati quello sull’indice ISM servizi, piombato a 41, ben sotto il valore di 50, che fa da spartiacque tra previsioni di crescita e di recessione nel sentiment dei direttori commerciali delle grandi imprese USA. Lo shock ha immediatamente bloccato i propositi di rimbalzo della settimana precedente sui mercati azionari, risucchiandoli verso i minimi di gennaio.

Un altro dato preoccupante, che spiega il motivo per cui la Federal Reserve sta continuando quotidianamente a pompare liquidità nel sistema bancario ed ha tagliato aggressivamente i tassi di 1,25 punti in una decina di giorni, è l’indagine sui mutui relativa al mese di gennaio, pubblicata dalla banca centrale USA. Emerge una forte restrizione creditizia da parte della maggioranza delle banche, non solo sulla clientela subprime, ma anche per i mutui erogati alla clientela maggiormente solvibile (il comparto “prime”) ed alle imprese. Le banche hanno manifestato crescenti difficoltà a cartolarizzare anche questi mutui, dal momento che la crisi di fiducia rende problematico piazzare sul mercato a prezzi decenti anche queste obbligazioni. Pertanto rendono più difficile superare gli esami di ammissione ai finanziamenti ed allargano gli spread. Faccio notare che anche le banche italiane, che continuano a dichiarare di non aver mai peccato sulle obbligazioni subprime, si stanno adeguando alla moda di allargare gli spread anche sui mutui di casa nostra.

E’ stato intanto presentato il bilancio federale americano per i prossimi due anni, che prevede un sensibile peggioramento del deficit, anche a causa delle misure di sostegno alle famiglie da 150 miliardi di dollari, stanziate da Bush per fronteggiare la recessione.

Intanto la BCE continua ad affermare che non ci sono pericoli di recessione per l’Europa, spalleggiata in questo proprio ieri anche dall’Ecofin, ed insiste a temere soprattutto l’inflazione. Si notano comunque ammorbidimenti nei toni e la implicita ammissione che nonostante ciò non potrà rimanere insensibile a lungo ai continui tagli effettuati dalla Fed, che hanno ormai invertito il segno del differenziale tra i tassi abreve europei ed americani.

Ne porta le conseguenze l’euro, che sta tornando verso quota 1,40 sul dollaro e potrebbe forse aprire una stagione correttiva.

Nei prossimi giorni non abbiamo molte comunicazioni. Ci sarà da concentrare l’attenzione sulle vendite al dettaglio e sulla produzione industriale USA, mentre in Europa verranno comunicati i dati preliminari sul PIL del 4° trimestre. Non mancheranno le dichiarazioni dei banchieri centrali, che saranno interpretate ai fini di prevedere le prossime mosse di politica monetaria.

 

 

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