Analisi sui mercati finanziari a cura di Pierluigi Gerbino

Docente di Economia - 4° class. al Campionato Italiano di Trading Top Trader 2000

 

Anno 2008  -  Aprile

 

 

 

 

 

CAMPAGNA ELETTORALE

 

COMMENTO

 

A partire dal minimo del 17 marzo i mercati azionari hanno messo a segno un deciso rimbalzo, che ha consentito di recuperare una parte consistente delle perdite accusate durante il forte movimento ribassista partito nel novembre scorso, ai massimi del ciclo rialzista quinquennale. SP500, l’indice guida di tutti i mercati azionari, ha recuperato circa il 38% delle perdite, come pure l’europeo Eurostoxx50. Anche il nostro Mibtel ha recuperato quasi il 38% dell’ultimo movimento ribassista partito in dicembre, però da noi l’orso aveva già azzannato il mercato fin dal maggio 2007. Per cui se guardiamo il recupero rispetto ai massimi, la nostra borsa si è limitata ad un più modesto, ma sempre significativo, 25% circa.

Che cosa è successo di tanto significativo da far cambiare idea al mercato?

Casella di testo: Nessuno ha la sfera di cristallo. Le opinioni e le previsioni di questo report derivano dall’applicazione di tecniche di analisi e dall’esperienza diretta dell’autore. Si garantisce  scrupolo ed indipendenza nelle analisi. L’esattezza delle previsioni non può garantirla nessuno. Assolutamente nulla. Anzi, le notizie dal fronte macroeconomico e bancario sono state tutte invariabilmente negative. Anche le dichiarazioni ufficiali di Bernanke hanno assunto il tono rassegnato di chi non può più negare la possibilità di una “modesta recessione” in USA nel corso di quest’anno.

E allora?

Allora i mercati anticipano e vivono di aspettative.

Chi pensa che siano le notizie a muovere i mercati, sappia che è meglio che non operi in borsa, perché è destinato a perdere soldi.

Le notizie incidono sui movimenti di borsa soltanto quando smentiscono significativamente le attese dei mercati. Altrimenti sono le attese a generare il movimento degli indici, mentre la notizia, se conferma le attese, non ha alcuna influenza.

La certificazione autorevole della recessione USA, come pure l’annuncio di altre svalutazioni da parte di importanti banche (UBS, Merrill Lynch), ha seplicemente confermato quel che i mercati si attendevano: la recessione e un ammontare di perdite da subprime stimato intorno ai 500 miliardi di dollari.

Perciò le notizie non hanno peggiorato il clima, che era già cupo a causa delle attese.

Anzi, decretando l’esito della scommessa “recessione sì, recessione no”, hanno permesso ad una parte significativa di operatori di impostare nuove scommesse.

Ora sui mercati la partita che si sta giocando è “recessione breve contro recessione lunga”.

Siccome sono in molti a credere alle parole di Bernanke, che ipotizza una probabile ripresa ecoomica in USA nel secondo semestre, ecco che son tornati gli acquisti nella seconda parte di marzo, mentre una parte dei pessimisti, che magari hanno aperto posizioni ribassiste in dicembre, puntando sulla recessione, quando il dubbio era ancora “recessione sì, recessione no”, verso fine marzo hanno intascato i guadagni e chiuso le posizioni, contribuendo così anch’essi al rimbalzo del mercato.

Come avevo anticipato nell’articolo del 24 marzo (http://www.borsaprof.it/commenti_analisi.asp?id=479), sono spuntati parecchi guru ad affermare che la crisi è in via di definizione e la recessione sarà breve.

Il rimbalzo si è protratto così fino al primo importante ostacolo psicologico e grafico, cioè il recupero del 38%, che coincide graficamente anche con un’area di resistenza statica che ha fermato i precedenti tentativi di rimbalzo a inizio e fine febbraio.

Chi interpreta i grafici, più che affidarsi alle notizie ed ai pareri dei guru, percepisce chiaramente che questi livelli, raggiunti lunedì scorso, sono ostacoli in grado di arrestare almeno per il momento la salita dei mercati. Infatti quelle aree rappresentano naturali punti di presa di beneficio da parte di chi si è buttato a comprare sui minimi di gennaio e di marzo in ottica di trading e non se la sente di scommettere che la tempesta sia veramente passata.

Si spiega così il ritracciamento degli ultimi giorni, che sembra voler spingere nuovamente in basso i mercati, anche perché, nel frattempo, il Fondo Monetario Internazionale, nel suo World Economic Outlook, ha fatto previsioni decisamente più pessimistiche del coro degli esperti.

Innanzitutto ha dato per certa una recessione di 2-3 trimestri in USA ed affermato che esiste il 25% delle probabilità di arrivare addirittura ad una “recessione globale”, usando così un termine che nessuno aveva ancora usato, perché va ad ipotizzare uno scenario di blocco della crescita anche nei paesi emergenti.

Come se non bastasse, lo stesso FMI ha fatto una stima decisamente pessimistica delle perdite potenziali per il sistema finanziario, in seguito allo scoppio della “bolla subprime e derivati”.

Secondo il FMI le perdite si diffonderanno anche ad altre categorie di strumenti finanziari oltre alle cartolarizzazioni di mutui subprime e prime (crediti commerciali immobiliari, crediti al consumo, private equity) ed ammonteranno complessivamente a 945 miliardi di dollari (notate la paradossale precisione nell’ammontare di una stima…), cioè molto di più delle precedenti stime più pessimistiche, che si erano fermate intorno ai 600 miliardi.

Questa voce fuori dal coro è bastata al momento a fermare gli entusiasmi.

Vedremo nei prossimi giorni se riuscirà a far tornare il pessimismo, oppure se anche questa volta i minimi di area 1.270 dell’indice SP500 (la “linea del Piave”) argineranno le vendite.

Personalmente non mi butterei a comprare in questo momento. Attenderei la tenuta dei minimi e la rottura delle resistenze, se ci sarà.

Perché i minimi del primo trimestre non è detto che questa volta riescano a tenere

 

 

FOCUS MACROECONOMICO

 

RECESSIONE. I MERCATI SPERANO SIA BREVE

 

Nei giorni scorsi si è completato il quadro macroeconomico del primo trimestre. Le serie di dati ufficiali non lasciano molto spazio alla speranza di evitare la tanto discussa recessione americana. Se mettiamo in fila le tre rilevazioni mensili del 2008 per molti importanti indicatori di sentiment economico, otteniamo quasi sempre una successione di variazioni negative.

Facciamo un elenco non esaustivo: Il superindice anticipatore (negativo da 4 mesi); gli indici dei direttori degli acquisti ISM (al di sotto di 50 da tre mesi, sia quello manifatturiero che quello del settore servizi); gli ordini di beni durevoli (in calo da due mesi); venerdì scorso anche la creazione di posti di lavoro ha inanellato il terzo mese negativo.

Mancano ancora le vendite al dettaglio, che sono ancora flebilmente in crescita, per completare un quadro che non dà più alcun segno di speranza.

Ne è ulteriore testimonianza l’audizione di Bernanke al Congresso. Il Governatore della Fed ha dovuto ammettere che lo scenario del primo semestre per la crescita americana va verso la stagnazione o forse anche una “modesta recessione”. E’ la prima volta che Bernanke usa la “parola stregata”, affermando subito dopo che tuttavia nel secondo semestre tutto sarà risolto.

Però ha anche aggiunto che rimane un notevole livello di incertezza nelle previsioni a causa della turbolenza dei mercati finanziari e del settore del credito ancora sotto pressione nonostante l’allentamento della politica monetaria. L’aggiustamento sui tassi ha del resto percorso ormai quasi tutta la strada possibile.

Faccio notare che nella successione del “qui lo dico e qui lo nego” tipica dei governatori della Fed (Greenspan era un maestro nel confondere gli ascoltatori) traspare il fatto che la Banca Centrale USA è rimasta con assai poche cartucce da sparare. Le sparerà, ma urge che i mercati si tirino su anche un pohino da soli. Inoltre tutto dipende da quanto il credit crunch fermerà l’economia, ora che stanno progressivamente venendo a mancare via via tutte le componenti che fino a tutto il 2007 hanno sostenuto la crescita.

Dopo il blocco dei beni durevoli e l’arresto dei consumi, sta prendendo piede anche il peggioramento delle condizioni del mercato del lavoro. La maggiore incertezza nella stabilità del posto di lavoro potrebbe minare ulteriormente la fiducia degli americani ed incidere, oltre che sulle decisioni di acquisto di immobili, che già da un anno si stanno contraendo, anche sui consumi quotidiani, innescando la tipica spirale recessiva.

Sui mercati azionari in questi giorni si legge invece la versione ottimista di questo “bicchiere mezzo vuoto”.

Gli operatori stanno comprando, non perché non credano alla recessione. Anzi. L’hanno scontata nei prezzi in caduta libera durante tutto il primo trimestre 2008.

Semplicemente al momento si fidano di Bernanke ed accettano l’ipotesi che l’economia si riprenderà a fine anno. Se dovesse essere così, questo è il momento di comprare, a prezzi di saldo.

Risultano del tutto ininfluenti i brutti dati che si susseguono, poiché se si riferiscono al primo trimestre sono già “scontati”.

Ma se le prossime settimane arriveranno dati di aprile in ulteriore peggioramento oppure se dalla stagione delle trimestrali, che comincia questa settimana, dovessero venire utili in calo più significativo delle previsioni degli analisti, che hanno limato gli utili attesi per le società di SP500 di circa un 20% rispetto alle stime fatte 6 mesi fa, allora sarà molto più difficile continuare a sostenere che il peggio sia ormai alle spalle.

 

 

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