Analisi sui mercati finanziari a cura di Pierluigi Gerbino

Docente di Economia - 4° class. al Campionato Italiano di Trading Top Trader 2000

 

Anno 2008  -  Agosto

 

 

 

 

 

URAGANO RIBASSISTA

 

COMMENTO

 

Casella di testo: Nessuno ha la sfera di cristallo. Le opinioni e le previsioni di questo report derivano dall’applicazione di tecniche di analisi e dall’esperienza diretta dell’autore. Si garantisce  scrupolo ed indipendenza nelle analisi. L’esattezza delle previsioni non può garantirla nessuno. Nell’ultimo commento sulla situazione dei mercati finanziari, pur giustificando quel che stava succedendo sui mercati ed ipotizzando che ad agosto sarebbe tornata la sofferenza, mi sbilanciavo ad ipotizzare un mese di luglio improntato ad una certa ripresa del mercato, che avrebbe dovuto mettere a segno ana sorta di “rimbalzo tecnico” abbastanza prolungato da dare qualche boccata d’ossigeno ai risparmiatori.

Quel che è successo nei primi giorni di luglio è invece stato ben peggiore delle mie attese.

Il fantomatico rimbalzo si è trasformato in  una lateralità di qualche giorno per lasciare poi spazio ad un ulteriore affondo ribassista, che ha travolto un altro supporto e completato dei modelli di inversione di lungo periodo che puntano a livelli decisamente più bassi degli attuali.

Mi riferisco in particolare all’indice principale, l’americano SP500, che, violando quota 1.270 e poi anche 1.250, ha completato un gigantesco “testa e spalle” ribassista che avrebbe un obiettivo quasi impronunciabile: area 940 da raggiungere nel 2009. Tale impostazione peserà sul rimbalzo che vedremo nei prossimi giorni, con ritardo rispetto alle previsioni. La sua portata non dovrebbe essere tale da modificare la struttura ribassista in atto. Gli obiettivi del rimbalzo, che avevo indicato a 1.350, devono essere abbassati intorno a quota 1.310, sempre che i mercati smettano di scendere fin da subito. Poi la caduta di agosto ci dovrebbe riportare verso 1.180, se non oltre.

Uno scenario da brivido, che potrebbe realizzarsi se il ciclone “stagflazione”, che ha ormai chiaramente raggiunto le coste dei mercati finanziari, dovesse alimentarsi di altre correnti di aria instabile.

Purtroppo le notizie degli ultimi giorni stanno portando altra energia all’uragano. Possiamo ben dire che tutto quel che poteva andare storto sta effettivamente andando storto, per cui sembra che il ribasso non riesca a fermarsi mai.

La capacità di sopportazione dei mercati azionari ai rincari del petrolio è ormai finita da qualche tempo ed ogni dollaro di aumento viene vissuto dai listini come una frustata sulla carne viva.

Fa impressione andare a ritroso nel tempo, quando nel 2007, a fronte di un prezzo del barile raddoppiato in pochi mesi e passato da 50 a quasi 100 dollari, i mercati azionari USA realizzarono il massimo assoluto, dando l’impressione di credere che le nostre economie erano ormai diventate invulnerabili all’inflazione.

Abbiamo invece capito all’inizio di quest’anno che la soglia del dolore non era invalicabile, ma era semplicemente posizionata più o meno a 100 dollari. Superato stabilmente quel livello, tutti i fantasmi del passato remoto (anni ’70) si sono materializzati ed è partita la rincorsa dei prezzi all’aumento dei costi, favorita dall’abbondante liquidità immessa nel sistema in tutti questi anni. L’inflazione è ora diventato il nemico numero uno delle autorità economiche e monetarie.

Lo è sempre stato per la Bce, che qualche giorno fa ha finalmente dato sfogo alla sua “libido” rialzando i tassi di un quarto di punto e promettendo di farlo nuovamente se le minacce inflazionistiche continueranno.

Personalmente, a differenza di molti, non sono mai stato ostile alla BCE. Ho sempre interpretato l’austerità dei comportamenti creditizi della banca centrale europea come un attestato di credibilità. Credo che proprio questa “serietà” sia stata uno dei motivi non secondari della forza dell’euro contro il dollaro, che invece è condizionato da comportamenti molto più “da banderuola” della Federal Reserve.

Questa volta però ritengo che alzare i tassi non serva a nulla. Anzi, sia controproducente. Se è vero che queste spinte inflazionistiche derivano dall’aumento del petrolio e se è vero, come ci dimostrano le correlazioni che si possono constatare sui grafici, che il prezzo del petrolio è spinto al rialzo dalla debolezza del dollaro, alzare i tassi in Europa rischia di far salire l’inflazione, anziché abbassarla.

Infatti un aumento dei tassi tende a spingere l’euro al rialzo, dal momento che in America c’è tutta una serie di sciagure che impedisce a Bernanke di seguire Trichet. Perciò un rafforzamento del cambio euro-dollaro (che significa indebolimento del dollaro) spinge il petrolio ulteriormente al rialzo, e con lui l’inflazione.

D’altra parte l’economia europea comincia a dare segnali di forte affaticamento e si spinge verso la recessione (quella italiana c’è già). In tale contesto la medicina della BCE rischia di peggiorare la malattia e di portare effetti collaterali altrettanto dannosi.

Se in Europa i nostri dottori sembrano un po’ appannati, non è che in USA possano esultare dei loro.

Negli ultimi giorni la crisi finanziaria scatenatasi un anno fa dai mutui subprime sta ulteriormente avvitandosi in una successione di perdite potenziali che stanno trascinando molte grandi banche sull’orlo del fallimento. In tutto questo brilla l’incapacità della Federal Reserve di prevedere qualsiasi cosa e di chiudere le innumerevoli stalle aperte prima che i buoi siano tutti scappati.

Fa impressione ed anche rabbia constatare che personaggi che vengono pagati milioni di dollari per controllare e guidare il sistema economico non riescano a rendersi conto della realtà prima che questa realtà esploda loro in faccia, e poi riescano soltanto a strillare per avere maggiori poteri, dopo aver chiaramente dimostrato di non saper usare quelli che già hanno.

La situazione del sistema finanziario americano è al limite della rottura sistemica. E ci è arrivata perché le autorità per anni hanno evitato di comprendere i pericoli del castello di carte che veniva costruito dall’ingegneria finanziaria. Quando questo castello è crollato hanno pervicacemente sottovalutato l’entità del buco e le conseguenze che questo buco avrebbe generato sull’economia, mantenendo un ottimismo di maniera che forse ha evitato il panico, ma certamente non è servito a fronteggiare la situazione. Ora si ritrovano a dover “gestire” il fallimento di una banca di taglia medio-alta (Indymac) e il dissesto delle due agenzie governative (che però sono società private) Fannie Mae  e Freddie Mac, che insieme “garantiscono” la metà dei mutui erogati in USA, per la bella cifra di 5.000 miliardi di dollari. Il termine “gestire” è ovviamente un eufemismo, dato che al punto in cui siamo la situazione non può più essere “gestita” ma “subita” e fronteggiata alla meno peggio. E’ chiaro che queste due società non possono fallire, perché trascinerebbero nel baratro parecchie delle principali banche mondiali, già di per sé piuttosto mal messe.

Il problema ora è come evitare il fallimento senza diventare un paese socialista, perché negli Usa la nazionalizzazione di una impresa è la peggior bestemmia che si potrebbe praticare. Meglio regalare soldi a privati perché se ne facciano carico (il caso Bear Stearns insegna). Ma anche questa pratica non può essere fatta a go-gò, perché il contribuente che paga le tasse avrebbe giustamente da obiettare. Chiamare i fondi sovrani arabi o cinesi? Troppo impegnati a contare le perdite subite nei precedenti interventi. E allora…?

Quesa volta si è scelta la via del mix. Indymac è stata lasciata fallire, garantendo i depositi al di sopra dei 100.000 dollari con il Fondo Federale di Garanzia, bruciandone così quasi un quinto della consistenza in un colpo solo. Per Fannie e Freddie nel week-end si è ufficializzato un piano per concedere l’accesso al fondo di emergenza della Fed e chiedere al Congresso l’autorizzazione per  fornire liquidità con fondi pubblici, eventualmente anche mediante acquisto di azioni. L’innominabile  (acquisto di azioni da parte dello Stato) è stato pronunciato, sebbene accompagnato dai termini “se necessario”.

Probabilmente per qualche giorno questo basterà a calmare la fame dell’orso e, come affermano i comunicati ufficiali, a “ripristinare fiducia tra gli investitori”, anche se lascia spazio ad amare riflessioni sulla solidità di un sistema incapace di stare in piedi senza la balia federale.

Personalmente non faccio troppo affidamento sul ritorno della fiducia. Ritengo che gli unici investitori che riprenderanno coraggio sono quelli che confidano nell’eterno rialzo dei mercati. Gli altri non potranno fare a meno di constatare che l’intervento federale è una prova della gravità della situazione e che la patata bollente subprime si ingrandisce man mano che i prezzi delle case continuano a scendere. E finora non abbiamo nessun segnale di arresto nel crollo dei prezzi delle case. Anzi, stanno arrivando sul mercato sempre più abitazioni pignorate a chi non paga le rate dei mutui allegri.

Ma se guardiamo un pochino al di là del naso, vediamo che questa patata bollente potrebbe non essere l’unica. Non sono ancora piovute sui mercati le perdite del sistema alla base dei milioni di carte di credito “revolving” (cioè “preleva subito e rimborsa a rate”) che continuano a generare debiti che non saranno mai pagati. Questa sarà la seconda onda, con effetti difficilmente prevedibili, ma che si aggiungeranno a quelli visti finora.

In tale scenario gli investitori hanno fatto l’unica cosa sensata: scappare. E lo hanno fatto di gran carriera, precipitando gli indici verso eccessi ribassiti da record. Proprio per questo probabilmente per qualche giorno le fughe si fermeranno. Chi non ha ancora venduto attenderà di vedere se veramente si ripristrinerà un po’ di fiducia. Qualche ribassista ricoprirà le posizioni. Tutto ciò dovrebbe bastare per vedere un po’ di rimbalzo tecnico. Ma l’inversione di trend richiede il ritorno sul mercato degli investitori. E questi difficilmente torneranno prima di vedere il petrolio sgonfiato e la luce in fondo al tunnel del sistema finanziario USA. Per cui prepariamoci a soffrire ancora: passati i brevi squarci di sereno dei prossimi giorni, i venditori torneranno e chi non ha ancora venduto lo farà allora. L’uragano tornerà ad imperversare ancora per mesi, in estate e forse in autunno. L’inverno è ancora lontano, come la ripresa dei mercati.

 

 

FOCUS MACROECONOMICO

 

ANALISI GRAFICA DELL’INDICE USA SP500

 

L’indice americano più importante, SP500, che è anche il riferimento per le altre borse mondiali, ha realizzato negli ultimi due mesi una scivolata ribassista molto consistente, che si è aggiunta a quelle già rilevanti di gennaio e marzo e le ha superate in profondità ed estensione temporale.

L’indice ha così mostrato di voler proseguire il suo ciclo ribassista di lungo periodo all’interno del canale che nel bordo superiore contiene i principali massimi discendenti degli ultimi 10 mesi, mentre in quello inferiore è lambito dai minimi di agosto 2007 e gennaio di quest’anno.

L’accelerazione ribassista della prima quindicina di luglio ha poi violato anche il minimo di marzo e la neckline che identifica una ampia figura di testa e spalle ribassista, che pertanto getta la sua sinistra ombra sui prossimi 8-10 mesi.

Infatti il completamente di questa figura proietta un obiettivo ribassista di lungo periodo addirittura a quota 950, ben al di sotto dei due supporti forniti dal 50% e dal 61,8% di ritracciamento dell’intero movimento rialzista 2002-2007.

Per negare l’importanza del segnale occorrerà un pronto ritorno al di sopra della neckline che passa ora sopra 1.260, seguito da una dimostrazione di forza che riesca a violare l’importante area di resistenza di 1.300-1.320.

Per parlare di ritorno alla positività invece ci vuole ben altro, e cioè l’uscita rialzista dal canale discendente, violando la trend line ribassista che ora passa intorno a 1.390.

Dato il forte ipervenduto e la presenza di divergenze rialziste è ipotizzabile un breve periodo di rimbalzo tecnico, presumibilmente per la parte restante del mese di luglio. Agosto presenterà però il conto, ed allora il mercato dovrà decidere se recuperare per davvero oppure confermare il segnale negativo ed aprire la strada ad ancora molti mesi di sofferenza.

 

Per vedere il grafico seguire il link: http://www.borsaprof.it/analisi_grafiche.asp?id=15

 

ATTENZIONE: l’investimento in borsa è rischioso, il lettore si assume piena responsabilità delle proprie scelte economiche e finanziarie, consapevole dei rischi connessi a qualsiasi forma di investimento in strumenti finanziari.

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