Analisi sui mercati finanziari a cura di Pierluigi Gerbino
Docente di Economia - 4° class. al Campionato Italiano di Trading Top Trader 2000
Anno 2007 - Novembre
COMMENTO
Non si può dire che gli americani non siano attaccati alle ricorrenze.
Lo hanno dimostrato venerdì scorso, celebrando a modo loro, con un ribasso del 2,6% su tutti i principali indici, il ventesimo compleanno del “lunedì Nero” di Wall Street, cioè il crollo che il 19 ottobre 1987, quando l’indice Dow Jones perdette il 22,6% in un solo giorno, fece scricchilare le fondamenta del sistema finanziario mondiale.
Il micidiale cocktail che ha causato il calo di venerdì scorso è rappresentato dalla fine delle 4 illusioni che da metà settembre ha alimentato il poderoso recupero dei mercati azionari dai minimi di ferragosto:
1) l’illusione che la crisi del settore immobilare sia ormai agli sgoccioli, stroncata da una serie di dichiarazioni di autorevoli istituzioni che hanno previsto ancora molti mesi di calo dell’attività edilizia;
2) l’illusione che i problemi finanziari del sistema bancario americano ed in parte anche europeo siano ormai risolti con una piccola sforbiciata ai bilanci di qualche grossa banca. La stagione delle trimestrali sta portando alla luce falle assai superiori a quelle previste e soprattutto la consapevolezza che probabilmente non abbiamo ancora visto tutto il marciume procurato dalle invenzioni dell’ingegneria finanziaria sui mutui subprime. La chicca è stata il Master Liquidity Enhancement Conduit, il superfondo che sarà istituito da tre grosse banche USA (Citigroup, Bank of America e Morgan Stanley) con il beneplacito della Federal Reserve. Il suo scopo è quello di riacquistare da società esterne (SIV) da loro controllate la famosa cartaccia costruita sui mutui subprime, che avevano accumulato finanziandola con debiti a breve. Lo fanno perché queste società non sono più in grado di valorizzare questi investimenti, che nessuno vuole. Per cui se dovessero scrivere in bilancio il valore di mercato o venderli ai prezzi correnti, fallirebbero. Meglio allora riacquistarli a prezzi più alti e poi rivenderli al pubblico quando sarà passata la bufera e i mass media non parleranno più di subprime. Si tratta di una manovra per tirare artificialmente su i prezzi, che, se fosse praticata da un qualunque investitore privato, lo trascinerebbe dritto in galera per aggiotaggio. Invece in questo caso la battezzano addirittura “rilancio della liquidità”. Il fatto che il mercato non abbia gradito, penalizzando le banche coinvolte, dimostra solo che qualcuno che usa la testa forse c’è ancora.
3) l’illusione che il Merger and Acquisition, cioè le fusioni ed acquisizioni, che hanno deliziato ed alimentato i rialzi folli di borsa nella prima metà dell’anno, con cifre record e prezzi da capogiro, sarebbe continuato in eterno.
Secondo McKinsey il volume di queste operazioni, in seguito al crollo della fiducia nel credito avvenuto quest’estate, è diminuito del 42% tra luglio e settembre.
4) infine l’illusione che l’economia americana avrebbe assorbito le difficoltà dei settori in crisi senza particolari scostamenti dal sentiero della crescita potenziale (3% l’anno), grazie al dinamismo degli altri settori.
Questa convinzione è stata propagandata dalla stessa Federal Reserve fino ad agosto, per poi essere bruscamente abbandonata il 18 settembre, quando Bernanke e soci hanno deciso “per motivi prudenziali” di tagliare i tassi. In settimana, dopo che il Beige Book ha indicato che cominciano ad esserci segni di rallentamento in molti distretti USA, lo stesso Bernanke venerdì scorso ha gettato la spugna e dichiarato che al momento non è per nulla facile valutare le condizioni della congiuntura americana.
Prepariamoci quindi a navigare a vista nei prossimi mesi. La volatilità dovrebbe risalire e gli esiti non sono affatto scontati. Anche perché questa volta la posta in gioco sembra piuttosto alta.
A differenza dei primi anni 2000, quando i prezzi delle case erano ancora in forte crescita, un cedimento dei mercati azionari si aggiungerebbe al calo del valore degli edifici e rischierebbe di creare un colossale “effetto povertà” sui patrimoni degli americani, con esiti devastanti sui consumi.
Pensoo che sia proprio questo il timore di Bernanke, anche se non può dirlo, per evitare di crearne le aspettative. Credo perciò che la Fed farà tutto quello che potrà per evitare questo scenario, anche a costo di truccare un po’ le carte.
FOCUS MACROECONOMICO
LA DURA REALTA’ DELL’ECONOMIA ANNICHILISCE LA BALDANZA DEI MERCATI
La settimana centrale di ottobre ha portato una nutrita serie di indicazioni sulla salute dell’economia americana (e di conseguenza su quella mondiale), che, a ben vedere, sono state quasi tutte piuttosto negative.
Al punto da spingere gli indici azionari americani venerdì 19 ottobre a celebrare con un vistosissimo calo l’anniversario del Black Monday, cioè il grande crollo che proprio venti anni prima aveva generato una perdita dell’indice Dow Jones del 22,6% in un solo giorno.
Le principali cause di questa improvvisa fine delle illusioni è rappresentata dall’ennesimo tonfo del mercato immobiliare, di cui è stato reso pubblico mercoledì scorso l’ennesimo tonfo nel mercato delle nuove costruzioni, che sta vivendo il suo peggior periodo del dopoguerra. Il settore edilizio si sta avvitando nella spirale perversa della riduzione della domanda, che genera caduta dei prezzi, che genera nuova riduzione di domanda. Parallelamente, e proprio a causa del calo dei prezzi delle case, aumentano i problemi sui mutui e molti debitori non troppo solidi si vedono arrivare dalle banche richieste di rientro e di rinegoziazione a condizioni assai peggiori.
Il fatto poi che le insolvenze siano oggi circa il doppio di quelle dello scorso anno non favorisce la ripresa del mercato immobiliare, poiché alle già troppe case in vendita si aggiungono quelle provenienti dalle vendite giudiziarie dei tribunali fallimentari.
Quel che sembra preoccupare il mercato per le consegenze sull’intera economia è il fatto che ormai anche le principali istituzioni, come il NAHB e persino la Federal Reserve, che fino a 3 mesi fa negava la gravità del problema immobiliare, ormai ammettono apertamente che la crisi di questo settore non ha ancora raggiunto l’apice e le difficoltà dovrebbero durare ancora molti mesi.
Ai problemi dell’immobiliare si sono aggiunti ultimamente anche quelli del settore finanziario, che però molti nei giorni scorsi vedevano in via di soluzione, grazie al taglio dei tassi di San Bernanke.
Invece le trimestrali che stanno arrivando dal settore, tra cui quelle di Bank of America e Wachovia, dimostrano non solo che in estate la crisi subprime ha pesato molto sui bilanci delle principali banche USA, ma anche che l’outlook resta negativo, il che, tradotto, significa che le cattive notizie non sono finite ed i prossimi mesi potrebbero riservare altre amarezze, specialmente se non si riuscirà a tamponare la perdita di valore della spazzatura legata ai mutui subprime in possesso alle banche direttamente o tramite veicoli più o meno nascosti come i Siv ed i Conduit, di cui abbiamo fatto la scoperta anche in Italia con il caso Unicredito.
Ad appesantire il clima del settore creditizio americano, cominciano ad arrivare le prime richieste di risarcimento da parte di chi si è sentito truffato dall’allegra gestione dei crediti subprime. E si sa che in Usa i tribunali sono molto meno teneri con le banche di quanto non lo siano quelli italiani.
Aggiungiamo che il Beige Book della Federal Reserve ha cominciato a percepire il rallentamento della crescita in molte aree degli USA ed il calo del dollaro che si unisce all’aumento del petrolio e crea una miscela piuttosto inflazionistica.
Ce n’è abbastanza per ipotizzare, se non che ci avviamo verso la stagflazione, almeno che i prossimi mesi non saranno una passeggiata per l’economia USA, dato che molti nodi stanno forse venendo al pettine. Prevedere bilanci societari sempre in crescita a doppia cifra è diventato ormai un esercizio da temerari. Per cui anche gli indici azionari cominciano a non essere più cosi a buon prezzo come invece ci è stato detto in tutti questi mesi per giustificare il rally.
Va comunque detto che non tutti i mercati finanziari sono scesi. Chi è posizionato sul petrolio, sull’oro e sull’Euro contro dollaro sta invece festeggiando nuovi records ottenuti proprio la settimana passata. Per qualcuno il bicchiere è colmo, per altri comincia ad apparire mezzo vuoto.
Nei prossimi giorni avremo altri dati sul settore immobiliare e gli ordini di beni durevoli, che potrebbero cominciare a flettere se le imprese prenderanno atto del possibile riflesso sui consuni delle difficoltà finanziarie di molte famiglie USA, e tirenanno in barca i remi degli investimenti. Attenzione particolare va prestata anche alle comunicazioni societarie, in particolare a quelle del settore bancario (Merrill Lynch), in grado di sconvolgere i mercati.
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